Annarosa Buttarelli, direttrice scientifica della Scuola di Alta Formazione Donne di Governo, commenta l'articolo pubblicato il 18 Luglio sul Corriere della Sera "Sette sindache su 108. Ecco perché le donne non vengono elette" di Cesare Zapperi.
In questo articolo ancora una volta si sottolinea la rivalsa degli apparati di partito contro le candidate amministratrici. Forse i numeri negativi che leggiamo possono segnalare anche una certa disaffezione per la politica della rappresentanza da parte delle giovani generazioni di donne. Si possono fare molti altri commenti sulla cattiva politica istituzionale maschile. Ma il nostro impegno vale molto di più di ogni commento. Noi stiamo creando una rete nazionale di amministratrici che ha per insegna un annuncio: "Donne di governo: la novità storica".
Questa rete di donne avrà una formazione avanzata e agirà in modo da rappresentare un cambio di civiltà e di qualità dell'agire politico a tutti i livelli.
Ecco uno stralcio dell'articolo di C. Zapperi pubblicato sul Corriere della Sera.
Alle elezioni del 12-26 giugno scorsi le uscenti erano due, quelle elette sono state tre. Chi vuol esser lieto sia, ma c'è davvero poco da rallegrarsi di fronte al numero di donne elette alla carica di sindaco in una tornata che ha visto chiamati al voto 26 capoluoghi di provincia. I numeri nella loro aridità sono sconsolanti. Katia Tarasconi a Piacenza, Chiara Frontini a Viterbo e Patrizia Manassero a Cuneo vanno ad "ingrossare" lo sparuto drappello di prime cittadine elette nelle città più importanti. Che ora sono "ben" 7 nei complessivi 108 capoluoghi di provincia italiani.
Con l'uscita di scena, lo scorso anno, di Virginia Raggi a Roma e di Chiara Appendino a Torino, non c'è grande città che veda un volto femminile alla sua guida. La realtà più rilevante amministrata da una sindaca è Ancona, capoluogo anche di Regione, dove dal 2013 guida la giunta con piglio battagliero Valeria Mancinelli. Quando va bene, i sindaci chiamano una donna a ricoprire il ruolo di vice. A Milano c'è Anna Scavuzzo, a Roma Silvia Scozzese, a Torino Michela Favaro, a Napoli Maria Filippone. Di norma, si preferisce affidare altri incarichi. Fra i sindaci le donne rappresentano solo il 15 per cento, più alta la percentuale tra i vicesindaci (30 per cento), mentre i presidenti del Consiglio sono di sesso femminile nel 32 per cento dei casi e le assessore superano il 40 per cento. Come si vede, in qualunque caso si è molto lontani (a volte la distanza è siderale) da quella parità chedovrebbe essere semplicemente normale.
Le prime dieci
Ma non lo è, non lo è mai stata. Che ci fosse disparità fra uomini e donne, visti i retaggi storici, era un dato di fatto scontato nel lontano 1946, quando e donne furono ammesse per la prima volta al voto. Il debutto avvenne proprio in occasione di una tornata amministrativa: 5722 i Comuni interessati, dieci le donne elette sindaco (duemila circa le consigliere comunali). I loro nomi sono scolpiti nella storia: Ninetta Bartoli, Elsa Damiani, Margherita Sanna, Ottavia Fontana, Elena Tosetti, Ada Natali, Caterina Tufarelli Palumbo Pisani, Anna Montiroli, Alda Arisi e Lydia Toraldo Serra. Da allora sono stati sicuramente fatti passi in avanti, ma rispetto alle aspettative le distanze rimangono ancora molto marcate. Anche in questo caso, vengono in soccorso i numeri. In quarant'anni le sindache sono passate da 10 a 145. Poi c'è stato un salto in avanti, visto che nei successivi trent'anni sono salite a 1066 (il dato è del 2015), quasi dieci volte tanto, pur se va sottolineato che in 790 casi si trattava di Comuni con meno di 5 mila abitanti. Forse perché nelle realtà più piccole, meno assorbenti, era più facile conciliare impegno pubblico e incombenze private.
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Le normative possono aiutare, anche se alla base resta un grande nodo culturale irrisolto. La legge Delrio del 2014 prevede che nelle giunte dei Comuni con più di 3 mila abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento. Una prescrizione che poi ognuno ha interpretato a suo modo. Qualche esempio? A Torino c'è la parità perfetta: 6 assessori donne e 5 uomini più il sindaco (Stefano Lo Russo). A Milano, Roma e Bologna gli assessori sono in numero uguale per ambo i sessi e lo squilibrio è dato solo dal primo cittadino uomo. L'unica stecca nel panorama nazionale viene da Trieste dove il sindaco Di Piazza ha nominato solo 4 donne su 11 componenti la Giunta (lui compreso), non rispettando il tetto del 40 per cento.