Dopo le elezioni regionali la Lombardia esce con la conferma del governatore Fontana. Cosa è cambiato nella vita delle cittadine e dei cittadini? Come è andata la campagna elettorale per chi ha deciso di “metterci la faccia”? Un profondo senso si solitudine è quello che emerge dalla testimonianza di Donatella Albini, consigliera comunale di Brescia, candidata all’ultimo turno elettorale, che sottolinea come sia necessario tra le donne “rendere visibile la relazione che ci sostiene, per prenderci cura una dell'altra, andando oltre le posizioni di rivendicazione, contrapponendoci alle logiche e ai giochi maschili di potere”.
Proprio nei giorni scorsi, al Nonprofit Women Camp di Torino, Jennifer Guerra una giovane giornalista – anche lei bresciana -, ha parlato di sorellanza come il “riconoscersi in una storia comune, ritrovare pezzi di me stessa nelle altre donne”, un processo che non è neutrale, ma si apprende e si costruisce, ogni giorno insieme.
«Esco da una campagna elettorale che non sono riuscita a vivere realmente come confronto libero e aperto, a parte un paio di occasioni: la prima promossa da un'organizzazione di studenti universitari, e la seconda promossa dalla coalizione di centrosinistra, ma in cui era rappresentato solo il Movimento 5stelle. Gli uomini capilista tra loro si sono un poco confrontati, con il risultato che tantissimi cittadine e cittadini neppure sapevano delle elezioni regionali.
Ho avuto l’impressione come se, da una parte ci fosse la cruda spocchia del "tanto vinciamo" - quindi inutile confrontarsi pubblicamente, magari indurre pensiero -, dall'altra la cinica autosufficienza del “tanto siamo il maggiore partito", inutile comparare saperi e pratiche per generare nuove riflessioni o forse convincere a cambiare partito. Tutto questo davanti a cittadini e cittadine che bene conoscono i giochi truccati della politica tradizionale maschile e l'hanno mostrato con drammatica consapevolezza, non andando a votare esprimendo le ragioni di una presa di posizione molto grave. Ad esempio, una ragione dell’astensionismo può essere stata il rifiuto dell’odiosa, sprezzante doppia preferenza, maschile e femminile. In questo modo si cancella la pratica della relazione tra donne, tra donne e cittadinanza, tra donne e uomini. È anche sprezzante perché riduce il valore della donna a propaganda mediatica, a sostegno della leadership maschile, a sostegno di una politica senza passione e senza anima. Lo so bene, perché ho vissuto tutto questo: il nostro è un Paese in cui le donne hanno dato molto e ricevuto poco.
Ora siamo qui, con il nostro idealismo resistente, che viene da uno studio costante, per costruire sapere e scambio, con la riconoscenza alle donne che ci hanno preceduto e che ci stanno accanto, siamo qui per rendere visibile la relazione che ci sostiene, per prenderci cura una dell'altra, andando oltre le posizioni di rivendicazione, contrapponendoci alle logiche e ai giochi maschili di potere.
La luce pubblica è cruda, non traccia ombre, e molte di noi vivono profonde solitudini nelle istituzioni, perché distanti dall'ambizione del potere e del protagonismo personale, fedeli a noi stesse e alle compagne di strada prima che agli schieramenti e ai partiti, spesso attraversando momenti di scoramento.
In tempi come questi, senza tenerezza, pieni dì viltà, si racconti la verità sull'incuria in cui è stata abbandonata la nostra società, si scoprano le carte della politica maschile segnata da risentimenti, narcisismo e invidie; si sostengano invece quelle donne incorrotte e incorruttibili nella mente e nell'agire, che non conoscono l’assoggettamento disciplinato e che desiderano farsi ascoltare. Se le vediamo stanche è perché è degli esseri umani stancarsi; lasciamo loro tutto il tempo di cui hanno bisogno per rigenerarsi e poi: avanti tutta, Insieme!»