Due donne di governo, due sindache diverse tra loro per storia, formazione, contesto. Ma accomunate da un grande senso di responsabilità per la propria comunità. Una è sindaca in provincia di Treviso, l’altra in provincia di Cosenza. Entrambe al terzo mandato, come consente la legge ai comuni sotto i 15.000 abitanti.
Paola Roma (classe 1982), sindaca di Ponte di Piave, un comune di poco più di 8.000 abitanti, in provincia di Treviso, sta dedicando il suo terzo mandato alla formazione dei giovani, tra cui Vanessa, 24enne educatrice in una scuola dell’infanzia, consigliera con delega per le politiche giovanili, che ha ottenuto 274 preferenze alle ultime elezioni.
Paola Roma ha sconfitto avversari – uomini – in tutte e tre le campagne che ha svolto, dal 2014 a oggi. È la prima sindaca donna nella storia del suo comune. Se nelle prime due campagne il suo slogan era “Da soli si va più veloci, ma è solo insieme che si va più lontano”, nella terza lo ha trasformato in “È importante fare, soprattutto fare bene e saperlo fare”. Quando il livello del Piave si alza troppo, Paola indossa gli stivali, l’elmetto e l’impermeabile e aiuta i soccorritori che assistono 90 famiglie da mettere in salvo. Quando è arrivata, il comune non partecipava a nessun bando. Nel suo primo anno da sindaca, ha partecipato a 40 bandi. Ha creato nuove deleghe: telemedicina, biodiversità, lotta alla corruzione. E incontra sempre i cittadini e le cittadine con una persona degli uffici. “Per risolvere i problemi, è necessario mettere insieme la parte politica e quella tecnica” spiega.
Virginia Mariotti (classe 1965), sindaca di San Marco Argentano (CS), che conta circa 7.500 abitanti, ha iniziato ad occuparsi della cosa pubblica nel 1995. “All’epoca i miei colleghi in comune erano tutti uomini. Li osservavo e non ero del tutto a mio agio. Poi piano piano ho capito che potevo ambire alla carica di prima cittadina”. Ma i sensi di colpa non sono mancati: paura di deludere i cittadini, il tempo rubato alla famiglia, al marito e alla mamma 88enne che vive in casa con loro e di cui Virginia si occupa in prima persona. La cura e l’assistenza dei familiari è tuttora appannaggio della donna in casa, anche se questa è sindaca del paese. Mariotti sente il peso del ruolo che ricopre e ha piena consapevolezza che in ambito politico le donne partono svantaggiate, ma individua due elementi che distinguono la donna che fa politica dall’uomo: empatia e competenza. “Entriamo nei problemi delle persone, le capiamo meglio. Ma insieme all’empatia c’è la competenza: la formazione è determinante, lo studio fondamentale. Altrimenti non si va lontano”.
Facciamo sintesi di queste due storie con Annarosa Buttarelli, filosofa italiana nell’ambito del Pensiero della Differenza sessuale e della Filosofia di trasformazione. “Il tema del ruolo in campo femminile è un tema del tutto moderno” ci spiega. “Non ha attraversato la vita delle donne in senso politico né sociale. Se alle donne fosse importato rivestire ruoli pubblici, avrebbero fatto molte battaglie, con la forza, come hanno fatto gli uomini, del resto. Perché non è mai stato così? Perché il massimo delle richieste fatte dalle donne nella storia è stato quello di essere riconosciute come esseri pensanti. È interessante notare come non ci sia nella maggior parte delle donne, che si mostrano in ambito pubblico, il senso della conquista del potere”.
Le sindache hanno notato - e avvertono ancora oggi - un senso di vuoto circa la percezione sociale del ruolo apicale di prima cittadina rivestito da una donna. Diffidenza, sconcerto, turbamento verso una sindaca donna: tutti sentimenti originati da stereotipi e preconcetti, duri a morire. Come possono le donne svolgere il loro ruolo, senza condizionamenti?
Hanno ragione. C’è un intero contesto da ricostruire. Io credo sia meglio non preoccuparsene più di tanto, ma andare avanti secondo coscienza. Devono imporre la differenza femminile. Se aspettiamo che vengano superati gli stereotipi, non andiamo più avanti.
Non è più il tempo di aspettare?
Decisamente no. I tempi sono molto accelerati. Le donne hanno ormai preso coscienza della propria differenza. Bisogna proseguire con molta determinazione e con una posizione severa. Non curiamoci dei resti del patriarcato. Ci si deve prendere cura delle realtà locali, ma bisogna essere formate.
Le sindache sul territorio affermano che, dopo una giornata di lavoro, tornano a casa e studiano. Le norme cambiano di continuo, i bandi vanno letti attentamente. Se non si sta al passo, non si può offrire un buon servizio.
Perfettamente d’accordo. Ma attenzione, la formazione è un’altra cosa. Questo studio è prettamente contingente ai problemi quotidiani, importantissimi, ma legati a singole pratiche da risolvere. Formazione invece significa trasformazione, un percorso non semplice, anzi lento, che porta a un cambiamento radicale di sì. Diffidate della formazione in pillole. Il processo richiede tempo. Per poter cambiare una comunità, una città, l’Italia, occorre prima cambiare se stesse.
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