di Tina Balì.
Ho letto sulle pagine di questo sito un interessante articolo di Donatella Albini, candidata alle elezioni regionali della Lombardia e mi sono resa conto che dopo il voto del 12 e 13 febbraio, nel quale anche io sono stata candidata per le elezioni regionali nel Lazio, non sono riuscita a mettere su carta le mie riflessioni sul voto.
E´ stato proprio l’articolo di Donatella e le sue riflessioni a spingermi a scrivere, lei sottolinea "quanto sia importante rendere visibile tra le donne la relazione che ci sostiene, per prenderci cura una dell’altra, andando oltre posizioni di rivendicazione e di quanto sia importante il riconoscersi in una storia comune”. Il prenderci cura presuppone condividere e scambiare ed io per prima, nonostante tanto vissuto alle spalle di pratiche di condivisione ho sottovalutato l’importanza di mettere in comune l’esperienza vissuta, se non quella spesso formale fatta nei luoghi deputati.
I primi di gennaio mi è stato chiesto di candidarmi come capolista di polo progressista, in sostegno alla candidata presidente per la regione lazio Donatella Bianchi, capolista del Movimento Cinque Stelle, a convincermi e´stato non solo il progetto politico: la costruzione di un nuovo soggetto di sinistra, ma la scelta di candidare due donne capolista, non solo perché donne ma perché entrambe non provenienti dalla politica tradizionale, la Bianchi dal mondo ambientalista e della comunicazione ed io dal mondo sindacale.
Ho scelto di fare questo passo, nonostante ami molto il mio lavoro in Cgil perché credo che i partiti, specialmente a sinistra abbiano necessità di aprirsi alla società civile, al mondo del lavoro, al movimento ambientalista e ai movimenti delle donne. Ci ho creduto a tal punto da accettare una candidatura senza avere la certezza di come sarebbe andata a finire, visto i tempi strettissimi della campagna elettorale e sapendo che nella mia organizzazione la Cgil, candidarsi significa perdere gli incarichi di natura elettiva.
Ma l’ho fatto perché la richiesta della mia candidatura è stata esplicita “alla politica serve aiuto dal mondo del lavoro e dalla società civile per potersi rigenerare, per uscire da logiche e dinamiche distanti dalle persone che hanno perso fiducia”. Da oltre 30 anni lavoro in Cgil, con esperienze diverse, di delegata, di dirigente territoriale e poi nazionale e in tutto questo tempo ho visto di quanto sia cambiato il mondo del lavoro. Di quanto oggi sia frammentato, spesso invisibile e polarizzato tra mondo innovativo in cui i lavoratrici e lavoratori sono super competenti e tutelati e quanto per oltre la metà si tratta di lavoro precario e sottopagato. Di quanto sia insicuro e ricattabile chi lavora in condizioni di precarietà, e di quanto il lavoro non sia elemento di affermazione e benessere ma spesso sia fonte di sofferenza. E quanto sia ingiusto il nostro sistema sociale perché non garantisce le stesse opportunità di formazione, di reddito, di percorsi, quelle geografiche, quelle sociali abbiano reso questo nostro paese disuguale. E di quanto tutto questo sia ancora più vero per le donne, portatrici di un doppio peso sulle proprie spalle.
Da questo osservatorio ho voluto provare a dare il mio supporto alla sinistra, a quella che secondo me ha smesso negli anni di guardare alle ingiustizie sociali come la priorità, che ha smesso di scegliere dalla parte di chi schierarsi.
Il tempo a disposizione è stato poco e per quanto io e la capolista dei cinque stelle potessimo rappresentare una novità, per la proposta, per le nostre storie, per i nostri percorsi alle spalle, per le modalità così come dice la stessa Albini nelle sue riflessioni, non c’è stato modo di poterle agire fino in fondo.
In un mese siamo riuscite a fare poche iniziative collettive, a mettere poco a frutto la nostra differenza nel fare e nella proposta politica, posso affermare che la più importante iniziativa della campagna elettorale è stata quella organizzata con tutte le candidate sia in polo progressista che nei cinque stelle. Non è stata la solita iniziativa per la caccia alle preferenze, nessuna doveva convincere l’altra a votarla visto che eravamo tutte candidate ma proprio per questo abbiamo parlato di progetti, di storie personali, di voglia di contribuire a costruire insieme.
Per chi fa politica “di mestiere” in campagna elettorale le proorità sono altre, sono i voti e le preferenze e forse la “novità” di due capoliste e di due donne con storie alle spalle non è stata valorizzata fino in fondo in quanto tale. L’ognuno per sé ha preso il sopravvento sull’ognuno uno per tutti.
Nel lazio l’affluenza alle urne è stata del 37,2%, il dato più basso mai registrato, eppure ci sono candidati sia in liste di destra che di sinistra eletti con numeri enormi di preferenze, un tema sul quale credo si debba riflettere, si vota la costruzione del consenso o la proposta politica? La proposta politica però necessita di costruzione di un progetto condiviso e non di tante piccole risposte individuali e frammentate, quelle che alcuni politologi chiamano le “risposte economiche”.
Mi rendo conto mentre scrivo che per ricostruire anni di politiche liberiste sbagliate, di scelte governate dal mondo finanziario più che da quello politico, dalla scelta dei partiti di sinistra di abbandonare i territori e periferie, non occupandosi più dei bisogni e della cura delle persone, di rincorsa ai “si ma anche” incapaci di far intravedere proposte e idee, serva tempo e sapere.
Il saper tessere reti di relazione tra la tanta ricchezza di rappresentanza, di movimenti, di associazionismo, il saper abbandonare logiche di potere, il saper prendersi tempo per condividere le decisioni e la partecipazione alle scelte, il saper ascoltare chi in questo paese soffre e scegliere che quella è la priorità di cui occuparsi!
In questi giorni ho visto il film “Women talking”, non voglio parlare della trama del film che comunque consiglio di vedere, quello che mi ha colpita è il tempo e la cura dedicata al dialogo, all’ascolto, alle parole ed alle emozioni di tutte, nonostante l’urgenza di assumere una decisione. C’è il coraggio di agire perché chi agisce è un collettivo e non una sola donna al comando.
Qualche mese fa ho partecipato a Roma a un’iniziativa della Fondazione Donne di Governo, la Novità storica, oggi ho più chiaro di allora, quanto sia necessario lo spazio di formazione e di relazione che con sapienza si sta costruendo, ci aiuta a non disperdere le nostre storie e a mettere insieme la ricchezza delle tante esperienze di amministrazione, di governo di territori, di mondo associativo e di rappresentanza del lavoro e ci aiuta a evitare che la presenza di donne sia solo “pink washing”.
*Tina Balì